Ricorso  per  conflitto  di  attribuzioni  (ai sensi dell'art. 98,
  comma  2,  dello  statuto  della regione Trentino-Alto Adige) della
  regione  stessa,  in  persona del Presidente della giunta regionale
  Margherita  Cogo,  rappresentata  e difesa come da mandato speciale
  autenticato  in  data  27  settembre  2000  dal prof. avv. Fabio A.
  Roversi  Monaco,  ed elettivamente domiciliato presso lo studio del
  prof. avv. Giuseppe Morbidelli in Roma, via Giosue' Carducci n. 4;
    Contro   il   Presidente   del  Consiglio  dei  Ministri  per  la
  dichiarazione  che  non  spetta  alla  Corte  dei conti richiedere,
  fissando  il relativo termine, il deposito dei conti giudiziali del
  consiglio   della  Regione  Trentino-Alto  Adige,  con  particolare
  riferimento a quelli relativi alla gestione per gli anni 1996-1998;
  e per il conseguente annullamento previa sospensione dell'efficacia
  del  decreto  n. 0127/2000 del 9 agosto 2000 della Corte dei conti,
  sezione  giurisdizionale  regionale  per il Trentino-Alto Adige con
  sede  in  Trento comunicato alla presidenza del consiglio regionale
  della  Regione  Trentino-Alto  Adige con nota 3974 datata 17 agosto
  2000.
                           I n  f a t t o
    Il procuratore regionale della Corte dei Conti ha rivolto istanza
  alla  sezione  giurisdizionale regionale per il Trentino-Alto Adige
  della   Corte   medesima   per  l'emanazione  del  decreto  di  cui
  all'art. 39  del  r.d.  13 agosto 1933, n. 1038, al fine di fissare
  all'agente  contabile  del  consiglio  della  Regione Trentino-Alto
  Adige  un  termine  entro  il  quale  depositare i conti giudiziali
  relativi alla gestione per gli anni 1996-1998.
    La sezione ha accolto l'istanza ed emanato il relativo decreto in
  data 9 agosto 2000, rilevando che la Cassa di Risparmio di Trento e
  Rovereto,  avendo  attuato  maneggio di pubblico denaro come agente
  contabile   del   consiglio   regionale,   non   aveva  ottemperato
  all'obbligo  di  presentare  i  relativi  conti  per  gli  anni  in
  questione.  Tutto  cio'  visto l'art 45 del testo unico della legge
  sulla  Corte  dei  conti  r.d. 12 luglio 1934 n. 1214 e 39 seg. del
  regolamento di procedura attuata approvato con r.d. 13 agosto 1933,
  n. 1038.
    Intimata  risultava  pertanto  la  Cassa di Risparmio di Trento e
  Rovereto  in  quanto  agente  contabile tenuta a presentare i conti
  entro il termine di 60 giorni.
    Il procuratore regionale provvedeva, con lettera datata 17 agosto
  2000,  alla  notifica dell'atto al consiglio regionale con invito a
  notificano all'agente contabile.
    E'  da  rilevare  che da anni non venivano richiesti al consiglio
  regionale  della  Regione Trentino-Alto Adige i conti relativi alla
  gestione  del  medesimo  e che quindi l'atto, di cui si contesta la
  legittimita'   appare  fortemente  e  preoccupantemente  innovativo
  rispetto  al  diritto e alla prassi fino ad ora seguiti dalla Corte
  dei Conti, sezione giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige.
                    Ammissibilita' del conflitto
    E'  noto  che  secondo  l'orientamento  consolidato  della  Corte
  costituzionale,   risulta   idoneo   a  produrre  un  conflitto  di
  attribuzioni   tra   lo   Stato  e  le  regioni  qualsiasi  atto  o
  comportamento  significante,  imputabile allo Stato o alla regione,
  purche'  sia dotato di efficacia, o rilevanza esterna e sia diretto
  ad  esprimere  in modo chiaro e inequivoco la pretesa di esercitare
  una   data   competenza,   il  cui  svolgimento  possa  determinare
  un'invasione  attuale  della sfera di attribuzioni o, comunque, una
  menomazione  altrettanto  attuale  della  possibilita' di esercizio
  della  medesima  (v. sentt. nn. 771/1988, 104/1989, 157/1991, 245 e
  473/1992, 165/1994, 341/1996).
    Il   conflitto,   come   chiarito   dagli   stessi   giudici   di
  costituzionalita',  puo'  ritenersi  determinato dall'interesse del
  soggetto  ricorrente  alla  difesa dell'integrita' delle competenze
  garantite (a ciascuno dei soggetti o enti confliggenti), o da norme
  formalmente  costituzionali,  o  da  norme ordinarie, integrative o
  esecutive  di  norme  costituzionali. di competenza (v. Corte Cost.
  sent. n. 104 del 1989).
    A  tal  riguardo,  occorre altresi' ricordare che la stessa Corte
  costituzionale  ha esplicitamente affermato che l'eventuale lesione
  dei  poteri  spettanti  ai  rappresentanti  di  un  ente fornito di
  autonomia  costituzionalmente  protetta  offende  anche l'autonomia
  dell'ente  medesimo, facendo cosi' insorgere per esso l'interesse a
  tutelare  nell'appropriata  sede  le proprie attribuzioni (v. Corte
  Cost. sentt. nn. 211 del 1972 e 163 del 1997).
    La  Regione  Trentino-Alto  Adige  chiede  pertanto  che,  previa
  dichiarazione  di  non  spettanza  allo  Stato  della  facolta'  di
  emettere  il  decreto  di  cui trattasi lo stesso, sia annullato in
  quanto  lesivo  delle  attribuzioni  della regione, garantite dagli
  artt. 5.  116  Cost., in relazione agli artt. 4 e 31, comma 1, 83 e
  84  dello  statuto della Regione Trentino-Alto Adige, approvato dal
  d.P.R.  31  agosto  1972.  n. 670.  recante "approvazione del testo
  unico  delle  leggi  costituzionali concernenti lo statuto speciale
  per   il   Trentino-Alto  Adige",  emesso  travalicando  i  confini
  assegnati  dall'ordinamento  alla  giurisdizione  della  Corte  dei
  conti.
    In  particolare  l'iniziativa  assunta  dal procuratore regionale
  dalla  Corte  dei  conti,  confermata dalla sezione giurisdizionale
  regionale  per  il Trentino-Alto Adige con sede in Trento da' luogo
  ad un errore sui confini stessi della giurisdizione, spettante alla
  Corte  dei  conti  nei confronti del consiglio regionale, e non sul
  concreto esercizio di essa. In definitiva, essa realizza un tipo di
  comportamento  lesivo  oltre  che  degli artt. 5, 116, 122, comma 4
  della  Costituzione e 28 dello statuto regionale, anche degli artt.
  4 (riguardante le funzioni della Regione), 31, comma 1 (inerente al
  regolamento  interno  di  disciplina  della attivita' del consiglio
  regionale), nonche' 83 e 84 (inerenti all'autonomia contabile della
  regione)  dello  statuto  regionale,  in  relazione  anche a quanto
  previsto  dal d.P.R. n. 305/1988 e succ. modif. e integr. (norme di
  attuazione  dello  statuto  speciale  per  la Regione Trentino-Alto
  Adige  per l'istituzione delle sezioni di controllo della Corte dei
  conti di Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto).

                            D i r i t t o

    Lesione  delle  competenze regionali costituzionalmente garantite
  in  particolare  dagli artt. 5, 116, Cost. in rapporto gli artt. 4,
  31,  comma  1,  83  e  84 dello statuto della Regione Trentino-Alto
  Adige,  anche in relazione a quanto previsto dal d.P.R. n. 305/1988
  e  succ.  modif.  e integr., nonche' degli artt. 122, comma 4 della
  Costituzione  e  28  dello  statuto  regionale.  Violazione e falsa
  applicazione  degli  artt. 44 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 e 39
  del r.d. n. 1038 del 1933.
    Il  controllo  della  Corte  dei  conti si esercita, com'e' noto,
  sulla base dell'art. l00 Cost. e ai sensi del testo unico 12 luglio
  1934,  n. 1214  al  fine  di  assicurare  il  rispetto  delle leggi
  sull'azione del Governo e della pubblica amministrazione. L'art. 44
  del  testo  unico 12 luglio 1934, n. 1214, prevede che la Corte dei
  conti   giudichi   con  giurisdizione  contenziosa  sui  conti  dei
  tesorieri,  dei  ricevitori,  e  in  genere  su  tutti  coloro  che
  legalmente o di fatto hanno maneggio di cose e valori dello Stato e
  della  pubblica  amministrazione  in genere "per quanto le spetti a
  termini di leggi speciali".
    Occorre  anzitutto  riconoscere  che  il  giudizio di conto e' un
  procedimento dichiarativo in funzione di controllo, affidato ad una
  magistratura   speciale,  volto  essenzialmente  a  risalire  dalla
  verifica   dell'attivita'   contabile   del   tesoriere   a  quella
  dell'attivita'  gestoria  degli amministratori (cfr. L. Schiavello,
  Processo contabile, in Enc. dir., vol. XXXVI, Milano, 1987).
    In altri termini, un giudizio circoscritto ai conti del tesoriere
  -  da intendersi come controllo limitato alla regolarita' contabile
  (regole  ragionieristiche  canonizzate giuridicamente) e al profilo
  esecutivo  della  gestione  -  oltre  a risolversi in un rituale ad
  pompam  si  presenterebbe  carente  del suo inderogabile fondamento
  razionale;  vale  a dire la esigenza dell'accertamento del corretto
  maneggio  del pubblico denaro (v. Corte di Cassazione, sez. un., 15
  maggio 1991, n. 5443; 18 gennaio 1991, nn. 456-463).
    Il   giudizio  contabile  non  e'  dunque  un  giudizio  di  mera
  legittimita', in quanto ha ad oggetto una gestione "cioe' l'insieme
  delle   operazioni   amministrative   poste   in   essere   per  il
  funzionamento  dell'ufficio  cui  il  contabile e' assegnato, e non
  l'atto  giuridico conto nel suo aspetto formale" (cosi' O. Sepe. La
  giurisdizione  contabile.  in  Trattato  di diritto amministrativo,
  diretto da G. Santaniello, Padova, 1997. in partic. 205 e ss): tale
  giudizio  viene  quindi effettuato non tanto sul conto quanto sulla
  gestione  (cfr.  Mastropasqua,  L'aspetto del giudizio di conto, in
  Amm. e contabilita', 1982. in partic. 611).
    Per  quanto  poi  il  parametro del controllo - riferito non piu'
  soltanto  all'atto,  ma  all'azione,  all'attivita'  -  rimanga pur
  sempre  la  norma giuridica, esso, in realta', finisce per assumere
  una  ben  maggiore  pregnanza  in  quanto  "consente di verificare.
  oltreche' l'osservanza delle competenze e dei procedimenti, anche e
  soprattutto  il  positivo perseguimento degli obiettivi posti dalle
  norme    all'agire    amministrativo,    l'efficacia    dell'azione
  amministrativa,   l'economicita'   dei   risultati  conseguiti  nel
  rapporto   costi-   ricavi-benefici.  la  stessa  efficienza  delle
  strutture   e   delle  procedure  dell'amministrazione"  (cosi'  G.
  Carbone,   Commento   all'art.   100  Cost..  in  Commentario  alla
  Costituzione,  (a cura di) G. Branca, A. Pizzorusso. Bologna, 1994,
  in partic. 110 e ss.).
    In  particolare,  la funzione assegnata al rendiconto nell'ambito
  del  rapporto  di  gestione  va  individuata nella rappresentazione
  documentata dci vari momenti operativi e cio' dimostra il carattere
  probatorio   del   rendiconto   che  consente  la  verificazione  e
  valutazione   dell'attivita'   compiuta   (cfr.  V  Guccione,  voce
  Rendiconto, in Enc. dir., XXXIX, Milano. 1987, in partic. 793).
    Con  la  riforma generale dei controlli della Corte dei conti del
  94  si  e'  peraltro dilatata e generalizzata "l'area del controllo
  successivo consuntivo sui risultati della gestione, estendendone la
  prospettiva  dalla  legalita'  e  regolarita'  in  direzione di una
  conoscenza-valutazione    della    economicita',   dell'efficienza,
  dell'efficacia  dell'azione  amministrativa  e  di quanto da questa
  prodotto e conseguito".
    Puo'  ritenersi  pertanto che la linea di demarcazione tra l'area
  del  controllo  preventivo  e  quella del successivoconsuntivo vada
  identificata nel "rilievo sostanziale degli atti, che include oltre
  quelli  formalmente  "del  Governo anche altri atti che per il loro
  rilievo  normativo,  amministrativo e gestionale, si connotano come
  atti     d'indirizzo,     di     programmazione,     di     impegno
  politico-amministrativo-finanziario   cosi'   "alto  da  costituire
  condizione  e  presupposto  di  susseguente  attivita'  gestionale,
  rimessa a controllo successivo".
    Se  tutto  cio'  e'  vero, esso e' riferibile al solo modello del
  controllo  sui  risultati  della gestione valutati sotto il profilo
  della  legittimita'  anche  sostanziale  e  della  effettivita' dei
  conseguimenti.   E'  solo  un  tale  modo  di  controllo  che  puo'
  integrarsi   con   l'azione  di  responsabilita'  amministrativa  e
  contabile  rimessa alla procura istituita presso la Corte dei conti
  per  promuoverne  il  giudizio di responsabilita' ad essa intestato
  dall'art. 103  della Costituzione; e' solo nei confronti di un tale
  modo  di  controllo che la giurisdizione di responsabilita' si puo'
  atteggiare come prosecuzione sanzionatrice delle risultanze e degli
  esiti del controllo (cosi' G. Carbone, Commento all' art 100 Cost.,
  cit. 116-118).
    Va   inoltre   posto   in   rilievo   che  dalla  disamina  della
  giurisprudenza   contabile,  emerge  che  la  linea  interpretativa
  seguita,   con   costanza,   ha  mirato  ad  ampliare  l'ambito  di
  applicazione  della  responsabilita'  amministrativa  e  contabile,
  nell'intento di affermare il carattere generale della giurisdizione
  della Corte dei conti in ogni settore della contabilita' pubblica.
    Il  fondamento  di tale estensione della giurisdizione contabile,
  e'  stato,  in  particolare, ravvisato nell'art. 103, comma 2 della
  Costituzione  (v.  Corte dei conti SS.RR. 29 luglio 1980, n. 248/A,
  SS.RR.  8  ottobre  1982.  n. 316. SS.RR. 30 maggio 1986, n. 490/A,
  SS.RR.  1o giugno 1986, n. 498/A, SS.RR. 27 giugno 1988. n. 566/A).
  La  statuizione,  contenuta in tale disposizione costituzionale, in
  base  alla  quale  la  stessa  Corte ha competenza nelle materie di
  contabilita'  pubblica  e  nelle  altre specificate dalla legge, e'
  stata  infatti  interpretata  nel  senso  della  inesistenza di una
  riserva  di  legge  nelle  materie di contabilita' pubblica (in tal
  senso  si  veda  anche  Cass.  sez.  un. n.363/1969  e  Cass.  sez.
  un. n.2616/1988).
    Dal  dato  testuale  cosi' interpretato si e' giunti ad affermare
  che  sussiste una riserva di giurisdizione a favore della Corte dei
  conti  estesa a tutti i rapporti connessi alla gestione finanziaria
  e  patrimoniale,  anche  in  mancanza di specifiche disposizioni di
  legge  (v.  Corte  Cost. sent. n. l10/1970), e con riguardo a tutti
  gli  enti  pubblici  (v.  Corte  Cost.  sent.  n. 68/1971  e  sent.
  n. 211/1972),  tranne  gli  enti  pubblici  economici e (per quanto
  ancora   esistenti)  gli  enti  di  gestione  delle  partecipazioni
  pubbliche.
    In  quest'ottica  il  riferimento  alle "materie" di contabilita'
  pubblica   e'   stato,   invero,   utilizzato   per   allargare  la
  giurisdizione  contabile  a  tutto  cio'  che  puo'  rientrare  nel
  concetto  di  finanza  pubblica,  comprensivo  di ogni tipologia di
  gestione  degli  apparati  pubblici,  e  ogni  qual volta sia stato
  cagionato  un  danno  erariale, da intendersi come danno pubblico o
  per la collettivita' (v. Cass. sez. un. n.378/A del 1984).
    Con  riguardo  poi  alla  responsabilita'  dei dipendenti e degli
  amministratori  delle  Regioni  va  osservato che il legislatore ha
  espressamente  riconosciuto  la giurisdizione della Corte dei conti
  (si   vedano   gli   artt. 30-31   della   legge  n. 335/1976);  in
  particolare,  ai  dipendenti e agli amministratori delle regioni e'
  stato  esteso  il  regime  di responsabilita' (previsto dalle norme
  vigenti  per  le  amministrazioni dello Stato), per i danni da essi
  arrecati alle stesse, nei casi di dolo o colpa.
    Puo'  osservarsi  che,  anche  in questo ambito, l'art. 103 della
  Costituzione  ha  costituito  punto  di  riferimento costante della
  giurisprudenza   della  Corte  dei  conti  al  fine  di  consentire
  l'estensione  della  sua  giurisdizione  a situazioni per le quali.
  ancorche'  non  siano  espressamente  regolate  in  modo specifico,
  sussista  identita'  di materia e di interesse tutelato e quindi vi
  sia   "carenza   di   regolamentazione   specifica   da  parte  del
  legislatore,  che  potrebbe anche attribuire la giurisdizione ad un
  giudice  diverso"  (si  vedano  a  tal  riguardo Corte Cost. sentt.
  n. 110  del 1970, n. 68 del 1971, n. 211 del 1972, n. 102 del 1977,
  n. 241 del 1984, n. 53 del 1985).
    Con  il  d.-l.  n. 543/1996,  conv. nella legge n. 639/1996, sono
  stati  introdotti principi innovativi in materia di responsabilita'
  amministrativa  ed  e'  stato  chiarito piu' in particolare, che la
  Corte   dei   conti   non  puo'  sindacare  nel  merito  le  scelte
  discrezionali dell'amministrazione. Cio' non significa peraltro che
  la   stessa  Corte  non  possa  effettuare  un  sindacato  sull'uso
  illegittimo   della   discrezionalita'  al  fine  di  stabilire  la
  eventuale  dannosita'  di  un  comportamento,  altrimenti le scelte
  derivanti  da  un  uso del potere discrezionale contrario ai canoni
  della   legittimita'   diverrebbero  esenti  a  causa  della  legge
  n. 639/1996  da responsabilita' (v. da ultimo Corte dei conti, sez.
  Regione Lazio n. 7/1998).
    In   altri  termini,  se  certamente  il  sindacato  del  giudice
  contabile  incontra  il limite del merito delle scelte degli agenti
  pubblici  (v. Corte dei conti SS.RR. n. 683/A del 9 settembre 1990,
  SS.RR.  n. 904/A del 30 settembre 1993, SS.RR. n. 30/A del 3 giugno
  1996),  le  quali debbono essere apprezzate senza che il giudice si
  sostituisca  agli amministratori, il sindacato medesimo deve invece
  ritenersi  esteso  ai  limiti,  per  cosi' dire, esterni del potere
  discrezionale,  investendo  l'area  della  irrazionalita'  e  dello
  scostamento  da  ogni  canone di corretta amministrazione, tanto da
  tradursi  in  arbitrio e, dunque, nell'area dell'illecito che, come
  tale,  rientra  pienamente  nell'ambito  tipico  di  cognizione del
  giudice  contabile  (v.  Corte  dei  conti  sez.  Regione Campania,
  n. 71/1997,   inoltre   hanno  fatto  riferimento  al  concetto  di
  "ragionevolezza  gestoria"  Corte  dei conti sez.I n. 15/1994/A del
  19 settembre  1994  e  a quello di "giustificabilita' delle scelte"
  SS.RR. n. 522/A del 17 dicembre 1986, sez. Regione Sardegna, n. 158
  del 26 febbraio 1987, SS.RR. n. 668/A del 28 maggio 1990).
    La  ratio  di  tale  estensione  e'  quella  di  evitare  che  si
  verifichino   effetti   dirompenti   e   lesivi   dei  principi  di
  imparzialita' e di buon andamento dell'azione amministrativa, anche
  nei  casi  in  cui  l'agente  sia  legato  all'aministrazione da un
  rapporto  di  servizio  (v.  Corte dei conti SS.RR., n. 62/A del 25
  ottobre 1996).
    L'estensione  della giurisdizione della Corte dei conti tuttavia,
  non  puo'  essere illimitata, in quanto risulta delimitata da altri
  valori   protetti   a   livello   costituzionale   come  si  evince
  dall'affermazione  della  stessa  Corte  costituzionale secondo cui
  "l'espandersi  della  giurisdizione  costituzionalmente  attribuita
  alla  Corte  (...)  deve  considerarsi circoscritto laddove ricorra
  identita'  oggettiva  di materia e beninteso entro i limiti segnati
  da  altre  norme  e  principi costituzionali" (v. Corte cost. sent.
  n. 129 del 1981).
    In  definitiva  la  estensione  proposta.  anche sulla base della
  nuova  normativa, e' naturalmente circoscritta, poiche' limitazioni
  e  deroghe  possono  essere  desunte in via interpretativa da altre
  norme di rango costituzionale diverse dall'art. 103 Cost.
    Come   i   giudici   di   costituzionalita'  hanno  riconosciuto,
  l'analogia  che  puo'  ravvisarsi  tra le attribuzioni dei consigli
  regionali e quelle dei due rami del Parlamento non puo' condurre ad
  affermare  che  sussiste  identita' tra le stesse, ne' tanto meno a
  negare   che  mentre  alle  prime  e'  riconosciuto  un  ambito  di
  autonomia. le seconde sono esercitate a livello di sovranita'.
    Da  questa sostanziale diversita' si e' inferito, in particolare,
  che  deroghe  alla  giurisdizione  erano  ammissibili  soltanto nei
  confronti  di  organi  immediatamente  partecipi del potere sovrano
  dello  Stato,  e  percio'  situati  ai vertici dell'ordinamento, in
  posizione  di  assoluta  indipendenza e di reciproca parita'. Ed in
  effetti  il  giudice  delle  leggi  ha anche sostenuto che dovrebbe
  escludersi  che  le prerogative riservate agli organi supremi dello
  Stato  si  possano  estendere  agli organi assembleari e di governo
  delle Regioni (v. Corte cost. sentt. nn. 110/1970 e 129/1981).
    Questa   affermazione   generica   di  principio  va  in  realta'
  interpretata, poiche', dall'analogia tra le funzioni esercitate dal
  Parlamento   e  quelle  spettanti  ai  consigli  regionali  e'  ben
  possibile   ed  anzi  doveroso  derivare  un  parallelismo  tra  le
  guarentigie  assicurate  ai  membri del Parlamento ex art. 68 Cost,
  primo  comma,  e  il  regime di immunita' dei consiglieri regionali
  individuato  dall'art. 122,  quarto  comma,  della Costituzione. In
  particolare,   l'esonero   da  responsabilita'  dei  componenti  il
  consiglio  regionale deve considerarsi funzionale alla tutela delle
  piu' elevate funzioni di rappresentanza politica, in quanto volto a
  "garantire  da  qualsiasi  interferenza  di  altri poteri il libero
  processo   di   formazione   della  volonta'  politica"  (v.  Corte
  costituzionale sent. n. 69/1985).
    L'immunita'   prevista   dall'art. l22,   quarto   comma,   della
  Costituzione  e'  dunque  da  porsi  in  relazione alla particolare
  natura    delle   attribuzioni   del   consiglio   regionale,   che
  costituiscono    esplicazione   di   autonomia   costituzionalmente
  riconosciuta   attraverso   l'esercizio   di   funzioni   in  parte
  disciplinate  dalla  stessa  Costituzione e in parte da altre fonti
  normative cui la prima rinvia (v. Corte Cost. sent. n. 81/1975).
    Tale  indirizzo  ha trovato ulteriore specificazione in decisioni
  in  cui  il  giudice  delle  leggi  ha  affermato che i consiglieri
  regionali  sono insindacabili. ai sensi dell'art. 122, quarto comma
  della   Costituzione,   non  soltanto  nell'esercizio  di  funzioni
  legislative,  di  indirizzo  politico,  di  controllo,  ma anche di
  quelle di autorganizzazione (v. sent. n. 70/1983).
    L'immunita'   regionale   non   giunge  a  coprire  le  attivita'
  amministrative  del  consiglio  regionale  che siano espressione di
  poteri  non  normativi di organizzazione degli uffici e dei servizi
  interni,  ma  rinvenendo  il  proprio fondamento costituzionale nel
  carattere  primario  delle  funzioni esercitate - recte le funzioni
  legislative e quelle ad esse connesse e strumentali (v. Corte Cost.
  sent.  n. 209/1994)  -,  comporta  che  il  potere  inquirente  del
  pubblico  ministero,  istituito presso la Corte dei conti, non puo'
  trasformarsi   in  un  controllo  generale  e  indeterminato  sulle
  attivita'   amministrative   dei   consigli   regionali  attraverso
  richieste  generiche  di acquisizione di atti e documenti (v. sent.
  n. 100/1995).
    Sotto   questo  profilo  appare  chiaro  che  l'estensione  della
  giurisdizione  della Corte dei conti ex art. 103 della Costituzione
  incontra il limite di altri valori costituzionali.
    Tale  impostazione  risulta,  invero,  confermata  anche  da  una
  importante   decisione  nella  quale  la  Corte  costituzionale  ha
  individuato   non  nella  forma  degli  atti,  bensi'  nella  fonte
  attributiva   della   competenza   il   criterio   per  determinare
  l'attivita'  insindacabile  dei  consiglieri  regionali  (v.  sent.
  n. 289 del 1997).
    In  questa  pronunzia  la  Corte  ha  sottolineato,  inoltre, che
  l'immunita'  dei consiglieri regionali non e' diretta ad assicurare
  loro   una   posizione  di  privilegio,  ma  trova  giustificazione
  nell'esigenza  "di  preservare  da  interferenze  e condizionamenti
  esterni le determinazioni inerenti alla sfera di autonomia" propria
  del consiglio.
    Anche   in   questo   caso,   e'   evidente   che  i  giudici  di
  costituzionalita'  hanno  inteso  ribadire  che  tale  disposizione
  costituzionale  va interpretata nel senso di ritenere coperte dalla
  garanzia  dell'insindacabilita'  tutte  quelle attivita' previste a
  livello  costituzionale  o  attribuite  ai consiglieri regionali da
  leggi dello Stato.
    Nel  caso di specie la fonte legislativa - in grado di assicurare
  a  tutti  i  consiglieri  regionali  un trattamento eguale - veniva
  individuata  nella  legge n. 853 del 1973 che, posta a salvaguardia
  dell'autonomia  contabile e funzionale dei consigli regionali delle
  regioni  a  statuto ordinario, prevede siano istituiti nel bilancio
  della regione appositi capitoli di spesa.
    Importante   e'   poi  la  precisazione  inerente  all'ambito  di
  applicazione  di  tale  immunita',  contenuta nella decisione della
  Corte costituzionale n. 100 del 1986. ove si e' riconosciuto che la
  guarentigia  di  cui  all'art. 122,  quarto comma Cost., si estende
  anche alla sfera della responsabilita' patrimoniale dei consiglieri
  regionali,  atteso  che  i  poteri  di  cui  dispone  il  consiglio
  regionale,  in  ordine alla propria organizzazione e alla posizione
  dei  suoi  componenti,  derivano  in via diretta ed immediata dalle
  norme costituzionali che delineano l'ente regione.
    Va   rilevato   che   il  complesso  di  principi  che  la  Corte
  costituzionale  ha  enucleato  a  partire  dalla  citata  decisione
  n. 81/1975   ha  trovato  piena  conferma  nei  suoi  piu'  recenti
  indirizzi.
    Non  solo: con la sentenza n. 392/1999 la Corte costituzionale ha
  escluso  che  la  Corte  dei  conti  possa  spingersi  a  sindacare
  attivita'  relative  all'amministrazione  e  gestione  dei fondi di
  bilancio  intestati  alla Presidenza del Consiglio, sia se previsti
  per  soddisfare  le  esigenze funzionali del consiglio regionale in
  relazione non soltanto alle funzioni legislative, regolamentari, di
  indirizzo  politico  e di autorganizzazione. sia se previsti per le
  funzioni   di   amministrazione   attiva   quando  siano  assegnate
  all'organo in via diretta e immediata dalle leggi dello Stato.
    Secondo   tale   recentissimo   orientamento   alla  magistratura
  contabile  non  e'  dato  di  ingerirsi  nell'autorganizzazione del
  consiglio  regionale, in quanto tale organo gode in base alla legge
  n. 853/1973 di autonomia contabile e funzionale.
    Sotto    altro    profilo    va   osservato   che   la   garanzia
  dell'irresponsabilita'  attribuita, dall'art. 122, quarto comma, ai
  consiglieri  regionali  delle regioni a statuto ordinario, non puo'
  certo  essere  superiore  a  quella prevista, ai sensi dell'art. 28
  dello  statuto  speciale,  per i membri del consiglio regionale del
  Trentino-Alto Adige.
    E'  necessario  procedere  ad  adattare al caso di specie tutti i
  criteri  enucleati  dalla giurisprudenza costituzionale, al fine di
  definire   i   limiti   dell'insindacabilita'   dell'attivita'  dei
  consiglieri regionali.
    Non  puo'  infatti  dubitarsi che, anche per le regioni a statuto
  speciale,  sia essenzialmente la fonte attributiva della competenza
  ad   individuare  le  coordinate  di  riferimento  per  determinare
  l'ambito di estensione dell'immunita' per i voti dati e le opinioni
  espresse dai consiglieri regionali.
    Com'e'     noto    le    assemblee    regionali    sono    organi
  politico-amministrativi   cui  va  riconosciuta  una  posizione  di
  indipendenza   connaturata   alle  loro  attribuzioni,  che  appare
  incompatibile  con il riscontro cui sono sottoposti in generale gli
  addetti alla pubblica amministrazione,
    E'   nel   contesto   dell'autonomia  politica  che  va  inserita
  l'autonomia  contabile  dei nsigli regionali la quale consente loro
  di  autoamministrarsi e di svincolarsi da interventi e interferenze
  esterni, ivi compresi quelli di altri organi della regione.
    L'art.   83  dello  statuto  della  Regione  Trentino-Alto  Adige
  stabilisce  che  la  regione abbia un proprio bilancio e un proprio
  esercizio finanziario annuale.
    Ai   sensi  dell'art. 16  del  d.lgs.  n. 268/1992  alla  Regione
  Trentino-Alto  Adige  e' stata attribuita anche autonomia normativa
  in materia contabile, nel senso che ad essa spetta disciplinare con
  norme  di  rango  primario l'ordinamento della propria contabilita'
  nell'ambito  puo'  dirsi  della  piu'  generale competenza relativa
  all'ordinamento  degli uffici che, ai sensi dell'art. 4, n. 1 dello
  statuto riservata esclusivamente alla regione.
    Occorre  poi  sottolineare  che,  ai  sensi dell'art. 31, comma 1
  dello  statuto, le norme che disciplinano l'attivita' del consiglio
  sono  stabilite  da  un regolamento interno approvato a maggioranza
  assoluta.
    Tale  regolamento  a  ben  vedere presenta un carattere del tutto
  peculiare  rispetto  ai  regolamenti  della  giunta  e  alle  leggi
  regionali,  in  quanto  costituisce l'unica fonte cui e' rimessa la
  disciplina   concreta   delle   funzioni  attribuite  al  consiglio
  regionale  dallo statuto, rappresentandone lo strumento primario di
  svolgimento.
    Tale   carattere   ne   consente,   invero,   l'assimilazione  ai
  regolamenti  parlamentari,  fonti  cui l'art. 64 della Costituzione
  riserva  la  disciplina dell'organizzazione delle Camere al fine di
  garantirne  l'autonomia  politico  costituzionale. Significativa in
  questo   contesto   appare   la   previsione   dell'approvazione  a
  maggioranza  assoluta  rispettivamente  del regolamento interno del
  consiglio  della  Regione  Trentino-Alto Adige e del regolamento di
  ciascuna Camera.
    Si  tratta  evidentemente di un quorum che, inserito a livello di
  fonti  costituzionali  -  e precisamente all'art. 31, comma 1 dello
  Statuto  della  Regione  Trentino-Alto  Adige  e all'art. 64, primo
  comma  della Costituzione - e' stato posto a garanzia del fatto che
  l'organizzazione  interna rispettivamente del consiglio regionale e
  delle  Camere  non  possa essere attuata o modificata a maggioranza
  semplice,  al  fine  di garantirne sia la stabilita', sia la tutela
  delle minoranze.
    Ai  sensi  dell'art. 2  del  regolamento  interno  del  consiglio
  regionale    spetta   al   Presidente   del   Consiglio   regionale
  l'amministrazione  e la gestione dei fondi messi a disposizione del
  consiglio.
    Il  bilancio  e  la  contabilita'  del consiglio regionale, i cui
  tratti    fondamentali   sono   individuati   da   una   disciplina
  regolamentare  riservata  allo  stesso, rappresentano i mezzi e gli
  strumenti  giuridici  indispensabili perche' il consiglio regionale
  possa effettivamente esercitare in piena autonomia e senza indebite
  interferenze  di  altri  organi  statali  o  regionali  le  proprie
  funzioni legislative (v. art. 26 Statuto), di nomina e revoca della
  giunta  regionale  (v.  art. 36)  di  approvazione del bilancio (v.
  art. 84 Statuto), ecc.
    Questo   spiega   inoltre   perche'   ai  sensi  dell'art. 5  del
  regolamento  interno  del consiglio regionale spetta all'ufficio di
  presidenza   approvare   il  progetto  di  bilancio,  le  eventuali
  variazioni ed il conto consuntivo del consiglio stesso.
    Risulta  dunque  di  tutta  evidenza che la riconosciuta autonoma
  contabile,  cui  risulta  correlata  la  non sottoponibilita' della
  relativa  gestione  contabile  alla  giurisdizione  della Corte dei
  conti,  e'  funzionale  all'esercizio  delle  funzioni assegnate al
  consiglio regionale, tra cui in primis quelle legislative.
    Occorre  pertanto  riconoscere che gli atti di gestione dei fondi
  messi  a  disposizione  per  soddisfare  le esigenze funzionali del
  consiglio regionale appartengono alla categoria delle attivita' che
  possono   considerarsi   coperte  dall'immunita'  per  le  opinioni
  espresse  e  i voti dati dai consiglieri regionali ex art. 28 dello
  statuto speciale, in quanto sono da porsi in relazione all'esigenza
  di  tutelare  le piu' elevate funzioni di rappresentanza politica e
  valgono  a  preservare da interferenze e condizionamenti esterni le
  determinazioni che rientrano nella sfera di autonomia del consiglio
  regionale.
    In  definitiva,  e'  proprio  la natura giuridica del giudizio di
  conto  che  rileva.  Esso ha ad oggetto essenzialmente la gestione,
  comprensiva   di  tutti  quegli  atti  che,  per  il  loro  rilievo
  normativo,  amministrativo  e  gestionale,  si  connotano come atti
  d'indirizzo,        di       programmazione,       di       impegno
  politico-amministrativo-finanziario.  ed e' rivolto a verificare il
  positivo  perseguimento degli obiettivi posti dalle norme all'agire
  amministrativo,     l'efficacia     dell'azione     amministrativa,
  l'economicita'    dei    risultati    conseguiti    nel    rapporto
  costi-ricavi-benefici, la stessa efficienza delle strutture e delle
  procedure  dell'amministrazione.  La sua estrinseca natura induce a
  ritenerla  non  riferibile  all'attivita'  di  gestione  dei  fondi
  assegnati al consiglio regionale per le esigenze funzionali ed alla
  luce  della  garanzia  dell'autonomia  costituzionale delle proprie
  attribuzioni.
    I motivi per cui il controllo di legittimita' sugli atti, nonche'
  il  controllo  sulla  gestione  del bilancio e del patrimonio della
  Regione  Trentino-Alto  Adice e della Provincia autonoma di Trento,
  esercitati  dalla sezione di controllo della Corte dei conti avente
  sede  in  Trento  - ai sensi dell'art. 2 del decreto legislativo 14
  giugno  1999,  n. 212,  contenente  le  "norme  di attuazione dello
  statuto   speciale   della   regione  Trentino-Alto  Adige  recanti
  integrazioni e modifiche al decreto del Presidente della Repubblica
  15  luglio  1998,  n. 305,  in  materia  di  controllo e di sezioni
  giurisdizionali  della  Corte  dei conti", che sostituisce l'art. 2
  del  d.P.R.  n. 305  del  1988  - non possono ritenersi estesi alla
  gestione  del  bilancio  del  consiglio  regionale  possono  essere
  ulteriormente arricchiti e sviluppati.
    Va,  infatti,  rilevato  in primo luogo che, ai sensi dell'art. 1
  del  decreto  legislativo  2  ottobre 1997, n. 385, che sostituisce
  l'art. 7 del d.P.R. n. 305/1988. il controllo di legittimita' sugli
  atti  della  regione  si esercita esclusivamente sui regolamenti di
  cui  agli  artt. 44,  punto  1) - che sono quelli per la esecuzione
  delle leggi approvate dal Consiglio regionale - e 54, punti 1) e 2)
  -  ovvero i regolamenti per la esecuzione delle leggi approvate dal
  consiglio provinciale nonche' quelli inerenti alle materie che sono
  devolute alla potesta' regolamentare delle Province - dello statuto
  regionale.   Ne   consegue   pertanto   che   tra   essi  non  puo'
  ricomprendersi  il regolamento interno del consiglio regionale che,
  a  ben  vedere,  costituisce  la  fonte  di  carattere  primario di
  disciplina  del  bilancio  e  del  conto  consuntivo  del consiglio
  stesso.
    In  secondo luogo, puo' rilevarsi che il controllo sulla gestione
  esercitato  dalle  sezioni  di  controllo  della Corte dei conti di
  Trento,  ai  sensi dell'art. 4 del sopra citato decreto legislativo
  14  giugno  1999, n. 212, concerne solamente il perseguimento degli
  obiettivi  stabiliti  dalle  leggi  di  principio  e  di  programma
  regionali, provinciali ovvero statali. in quanto applicabili, ed e'
  dunque  riferibile  soltanto  alla  gestione  del  bilancio  e  del
  patrimonio della Regione Trentino-Alto Adige.
    Il  controllo  della  Corte  dei conti sugli atti amministrativi,
  sulla  gestione  del  bilancio  e  del  patrimonio della regione va
  quindi  riferito  solamente  agli atti della giunta regionale, allo
  scopo   di   verificare   la  loro  conformita'  alle  disposizioni
  legislative vigenti.
    Il  progetto  di  bilancio,  le  eventuali  variazioni e il conto
  consuntivo   del   consiglio   regionale  sono,  invece,  approvati
  dall'ufficio   di  presidenza  con  una  deliberazione  che  appare
  esplicazione  di  un  potere  di autorganizzazione. Tale assunto si
  desume  in  particolare dall'enunciato normativo di cui all'art. 84
  dello  statuto regionale. ai sensi del quale "i bilanci predisposti
  dalla  giunta  regionale  o  da  quella  provinciale e i rendiconti
  finanziari  accompagnati  dalla  relazione della giunta stessa sono
  approvati  rispettivamente con legge regionale o provinciale". Tale
  previsione  normativa  rende,  infatti, evidente che l'approvazione
  dei bilanci e dei rendiconti, nel cui ambito vanno inseriti anche i
  fondi  messi  a  disposizione  del consiglio regionale, avviene con
  atto  legislativo  del  consiglio  stesso,  che costituisce l'unica
  forma  di  controllo  sulla  gestione  contabile  consiliare  e  ha
  essenzialmente natura politica.
    Cio'  spiega  peraltro la sottrazione dei documenti contabili del
  consiglio  al  controllo  di legittimita' e di gestione della Corte
  dei  conti, previsto dal d.P.R. n. 305/1988 e succ. modif e integr.
  in  quanto  strumento  volto a garantire l'autonomia costituzionale
  del consiglio regionale, che risulterebbe lesa ove fosse ammesso un
  controllo   successivo  sulla  gestione  del  bilancio  consiliare,
  mediante il riscontro del conto dell'agente contabile del consiglio
  stesso.
    Ne deriva, di conseguenza, che il procuratore presso la Corte dei
  conti con il decreto n. 0127/2000, richiedendo all'agente contabile
  del  consiglio  regionale  -  la  Cassa  di  Risparmio  di Trento e
  Rovereto  -  il  conto  della  gestione  dei  fondi  del  consiglio
  regionale,  ha  violato l'autonomia costituzionalmente riconosciuta
  al  consiglio  medesimo  in quanto ha inteso sottoporre a controllo
  giurisdizionale  atti,  rispetto ai quali e' configurabile una mera
  responsabilita'  politica  e  la  cui  fonte  di  disciplina appare
  sindacabile soltanto dal giudice delle leggi sotto il profilo della
  costituzionalita'.