Ricorso per conflitto di attribuzioni (ai sensi dell'art. 98, comma 2, dello statuto della regione Trentino-Alto Adige) della regione stessa, in persona del Presidente della giunta regionale Margherita Cogo, rappresentata e difesa come da mandato speciale autenticato in data 27 settembre 2000 dal prof. avv. Fabio A. Roversi Monaco, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del prof. avv. Giuseppe Morbidelli in Roma, via Giosue' Carducci n. 4; Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione che non spetta alla Corte dei conti richiedere, fissando il relativo termine, il deposito dei conti giudiziali del consiglio della Regione Trentino-Alto Adige, con particolare riferimento a quelli relativi alla gestione per gli anni 1996-1998; e per il conseguente annullamento previa sospensione dell'efficacia del decreto n. 0127/2000 del 9 agosto 2000 della Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per il Trentino-Alto Adige con sede in Trento comunicato alla presidenza del consiglio regionale della Regione Trentino-Alto Adige con nota 3974 datata 17 agosto 2000. I n f a t t o Il procuratore regionale della Corte dei Conti ha rivolto istanza alla sezione giurisdizionale regionale per il Trentino-Alto Adige della Corte medesima per l'emanazione del decreto di cui all'art. 39 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, al fine di fissare all'agente contabile del consiglio della Regione Trentino-Alto Adige un termine entro il quale depositare i conti giudiziali relativi alla gestione per gli anni 1996-1998. La sezione ha accolto l'istanza ed emanato il relativo decreto in data 9 agosto 2000, rilevando che la Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, avendo attuato maneggio di pubblico denaro come agente contabile del consiglio regionale, non aveva ottemperato all'obbligo di presentare i relativi conti per gli anni in questione. Tutto cio' visto l'art 45 del testo unico della legge sulla Corte dei conti r.d. 12 luglio 1934 n. 1214 e 39 seg. del regolamento di procedura attuata approvato con r.d. 13 agosto 1933, n. 1038. Intimata risultava pertanto la Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto in quanto agente contabile tenuta a presentare i conti entro il termine di 60 giorni. Il procuratore regionale provvedeva, con lettera datata 17 agosto 2000, alla notifica dell'atto al consiglio regionale con invito a notificano all'agente contabile. E' da rilevare che da anni non venivano richiesti al consiglio regionale della Regione Trentino-Alto Adige i conti relativi alla gestione del medesimo e che quindi l'atto, di cui si contesta la legittimita' appare fortemente e preoccupantemente innovativo rispetto al diritto e alla prassi fino ad ora seguiti dalla Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige. Ammissibilita' del conflitto E' noto che secondo l'orientamento consolidato della Corte costituzionale, risulta idoneo a produrre un conflitto di attribuzioni tra lo Stato e le regioni qualsiasi atto o comportamento significante, imputabile allo Stato o alla regione, purche' sia dotato di efficacia, o rilevanza esterna e sia diretto ad esprimere in modo chiaro e inequivoco la pretesa di esercitare una data competenza, il cui svolgimento possa determinare un'invasione attuale della sfera di attribuzioni o, comunque, una menomazione altrettanto attuale della possibilita' di esercizio della medesima (v. sentt. nn. 771/1988, 104/1989, 157/1991, 245 e 473/1992, 165/1994, 341/1996). Il conflitto, come chiarito dagli stessi giudici di costituzionalita', puo' ritenersi determinato dall'interesse del soggetto ricorrente alla difesa dell'integrita' delle competenze garantite (a ciascuno dei soggetti o enti confliggenti), o da norme formalmente costituzionali, o da norme ordinarie, integrative o esecutive di norme costituzionali. di competenza (v. Corte Cost. sent. n. 104 del 1989). A tal riguardo, occorre altresi' ricordare che la stessa Corte costituzionale ha esplicitamente affermato che l'eventuale lesione dei poteri spettanti ai rappresentanti di un ente fornito di autonomia costituzionalmente protetta offende anche l'autonomia dell'ente medesimo, facendo cosi' insorgere per esso l'interesse a tutelare nell'appropriata sede le proprie attribuzioni (v. Corte Cost. sentt. nn. 211 del 1972 e 163 del 1997). La Regione Trentino-Alto Adige chiede pertanto che, previa dichiarazione di non spettanza allo Stato della facolta' di emettere il decreto di cui trattasi lo stesso, sia annullato in quanto lesivo delle attribuzioni della regione, garantite dagli artt. 5. 116 Cost., in relazione agli artt. 4 e 31, comma 1, 83 e 84 dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige, approvato dal d.P.R. 31 agosto 1972. n. 670. recante "approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige", emesso travalicando i confini assegnati dall'ordinamento alla giurisdizione della Corte dei conti. In particolare l'iniziativa assunta dal procuratore regionale dalla Corte dei conti, confermata dalla sezione giurisdizionale regionale per il Trentino-Alto Adige con sede in Trento da' luogo ad un errore sui confini stessi della giurisdizione, spettante alla Corte dei conti nei confronti del consiglio regionale, e non sul concreto esercizio di essa. In definitiva, essa realizza un tipo di comportamento lesivo oltre che degli artt. 5, 116, 122, comma 4 della Costituzione e 28 dello statuto regionale, anche degli artt. 4 (riguardante le funzioni della Regione), 31, comma 1 (inerente al regolamento interno di disciplina della attivita' del consiglio regionale), nonche' 83 e 84 (inerenti all'autonomia contabile della regione) dello statuto regionale, in relazione anche a quanto previsto dal d.P.R. n. 305/1988 e succ. modif. e integr. (norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige per l'istituzione delle sezioni di controllo della Corte dei conti di Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto). D i r i t t o Lesione delle competenze regionali costituzionalmente garantite in particolare dagli artt. 5, 116, Cost. in rapporto gli artt. 4, 31, comma 1, 83 e 84 dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige, anche in relazione a quanto previsto dal d.P.R. n. 305/1988 e succ. modif. e integr., nonche' degli artt. 122, comma 4 della Costituzione e 28 dello statuto regionale. Violazione e falsa applicazione degli artt. 44 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 e 39 del r.d. n. 1038 del 1933. Il controllo della Corte dei conti si esercita, com'e' noto, sulla base dell'art. l00 Cost. e ai sensi del testo unico 12 luglio 1934, n. 1214 al fine di assicurare il rispetto delle leggi sull'azione del Governo e della pubblica amministrazione. L'art. 44 del testo unico 12 luglio 1934, n. 1214, prevede che la Corte dei conti giudichi con giurisdizione contenziosa sui conti dei tesorieri, dei ricevitori, e in genere su tutti coloro che legalmente o di fatto hanno maneggio di cose e valori dello Stato e della pubblica amministrazione in genere "per quanto le spetti a termini di leggi speciali". Occorre anzitutto riconoscere che il giudizio di conto e' un procedimento dichiarativo in funzione di controllo, affidato ad una magistratura speciale, volto essenzialmente a risalire dalla verifica dell'attivita' contabile del tesoriere a quella dell'attivita' gestoria degli amministratori (cfr. L. Schiavello, Processo contabile, in Enc. dir., vol. XXXVI, Milano, 1987). In altri termini, un giudizio circoscritto ai conti del tesoriere - da intendersi come controllo limitato alla regolarita' contabile (regole ragionieristiche canonizzate giuridicamente) e al profilo esecutivo della gestione - oltre a risolversi in un rituale ad pompam si presenterebbe carente del suo inderogabile fondamento razionale; vale a dire la esigenza dell'accertamento del corretto maneggio del pubblico denaro (v. Corte di Cassazione, sez. un., 15 maggio 1991, n. 5443; 18 gennaio 1991, nn. 456-463). Il giudizio contabile non e' dunque un giudizio di mera legittimita', in quanto ha ad oggetto una gestione "cioe' l'insieme delle operazioni amministrative poste in essere per il funzionamento dell'ufficio cui il contabile e' assegnato, e non l'atto giuridico conto nel suo aspetto formale" (cosi' O. Sepe. La giurisdizione contabile. in Trattato di diritto amministrativo, diretto da G. Santaniello, Padova, 1997. in partic. 205 e ss): tale giudizio viene quindi effettuato non tanto sul conto quanto sulla gestione (cfr. Mastropasqua, L'aspetto del giudizio di conto, in Amm. e contabilita', 1982. in partic. 611). Per quanto poi il parametro del controllo - riferito non piu' soltanto all'atto, ma all'azione, all'attivita' - rimanga pur sempre la norma giuridica, esso, in realta', finisce per assumere una ben maggiore pregnanza in quanto "consente di verificare. oltreche' l'osservanza delle competenze e dei procedimenti, anche e soprattutto il positivo perseguimento degli obiettivi posti dalle norme all'agire amministrativo, l'efficacia dell'azione amministrativa, l'economicita' dei risultati conseguiti nel rapporto costi- ricavi-benefici. la stessa efficienza delle strutture e delle procedure dell'amministrazione" (cosi' G. Carbone, Commento all'art. 100 Cost.. in Commentario alla Costituzione, (a cura di) G. Branca, A. Pizzorusso. Bologna, 1994, in partic. 110 e ss.). In particolare, la funzione assegnata al rendiconto nell'ambito del rapporto di gestione va individuata nella rappresentazione documentata dci vari momenti operativi e cio' dimostra il carattere probatorio del rendiconto che consente la verificazione e valutazione dell'attivita' compiuta (cfr. V Guccione, voce Rendiconto, in Enc. dir., XXXIX, Milano. 1987, in partic. 793). Con la riforma generale dei controlli della Corte dei conti del 94 si e' peraltro dilatata e generalizzata "l'area del controllo successivo consuntivo sui risultati della gestione, estendendone la prospettiva dalla legalita' e regolarita' in direzione di una conoscenza-valutazione della economicita', dell'efficienza, dell'efficacia dell'azione amministrativa e di quanto da questa prodotto e conseguito". Puo' ritenersi pertanto che la linea di demarcazione tra l'area del controllo preventivo e quella del successivoconsuntivo vada identificata nel "rilievo sostanziale degli atti, che include oltre quelli formalmente "del Governo anche altri atti che per il loro rilievo normativo, amministrativo e gestionale, si connotano come atti d'indirizzo, di programmazione, di impegno politico-amministrativo-finanziario cosi' "alto da costituire condizione e presupposto di susseguente attivita' gestionale, rimessa a controllo successivo". Se tutto cio' e' vero, esso e' riferibile al solo modello del controllo sui risultati della gestione valutati sotto il profilo della legittimita' anche sostanziale e della effettivita' dei conseguimenti. E' solo un tale modo di controllo che puo' integrarsi con l'azione di responsabilita' amministrativa e contabile rimessa alla procura istituita presso la Corte dei conti per promuoverne il giudizio di responsabilita' ad essa intestato dall'art. 103 della Costituzione; e' solo nei confronti di un tale modo di controllo che la giurisdizione di responsabilita' si puo' atteggiare come prosecuzione sanzionatrice delle risultanze e degli esiti del controllo (cosi' G. Carbone, Commento all' art 100 Cost., cit. 116-118). Va inoltre posto in rilievo che dalla disamina della giurisprudenza contabile, emerge che la linea interpretativa seguita, con costanza, ha mirato ad ampliare l'ambito di applicazione della responsabilita' amministrativa e contabile, nell'intento di affermare il carattere generale della giurisdizione della Corte dei conti in ogni settore della contabilita' pubblica. Il fondamento di tale estensione della giurisdizione contabile, e' stato, in particolare, ravvisato nell'art. 103, comma 2 della Costituzione (v. Corte dei conti SS.RR. 29 luglio 1980, n. 248/A, SS.RR. 8 ottobre 1982. n. 316. SS.RR. 30 maggio 1986, n. 490/A, SS.RR. 1o giugno 1986, n. 498/A, SS.RR. 27 giugno 1988. n. 566/A). La statuizione, contenuta in tale disposizione costituzionale, in base alla quale la stessa Corte ha competenza nelle materie di contabilita' pubblica e nelle altre specificate dalla legge, e' stata infatti interpretata nel senso della inesistenza di una riserva di legge nelle materie di contabilita' pubblica (in tal senso si veda anche Cass. sez. un. n.363/1969 e Cass. sez. un. n.2616/1988). Dal dato testuale cosi' interpretato si e' giunti ad affermare che sussiste una riserva di giurisdizione a favore della Corte dei conti estesa a tutti i rapporti connessi alla gestione finanziaria e patrimoniale, anche in mancanza di specifiche disposizioni di legge (v. Corte Cost. sent. n. l10/1970), e con riguardo a tutti gli enti pubblici (v. Corte Cost. sent. n. 68/1971 e sent. n. 211/1972), tranne gli enti pubblici economici e (per quanto ancora esistenti) gli enti di gestione delle partecipazioni pubbliche. In quest'ottica il riferimento alle "materie" di contabilita' pubblica e' stato, invero, utilizzato per allargare la giurisdizione contabile a tutto cio' che puo' rientrare nel concetto di finanza pubblica, comprensivo di ogni tipologia di gestione degli apparati pubblici, e ogni qual volta sia stato cagionato un danno erariale, da intendersi come danno pubblico o per la collettivita' (v. Cass. sez. un. n.378/A del 1984). Con riguardo poi alla responsabilita' dei dipendenti e degli amministratori delle Regioni va osservato che il legislatore ha espressamente riconosciuto la giurisdizione della Corte dei conti (si vedano gli artt. 30-31 della legge n. 335/1976); in particolare, ai dipendenti e agli amministratori delle regioni e' stato esteso il regime di responsabilita' (previsto dalle norme vigenti per le amministrazioni dello Stato), per i danni da essi arrecati alle stesse, nei casi di dolo o colpa. Puo' osservarsi che, anche in questo ambito, l'art. 103 della Costituzione ha costituito punto di riferimento costante della giurisprudenza della Corte dei conti al fine di consentire l'estensione della sua giurisdizione a situazioni per le quali. ancorche' non siano espressamente regolate in modo specifico, sussista identita' di materia e di interesse tutelato e quindi vi sia "carenza di regolamentazione specifica da parte del legislatore, che potrebbe anche attribuire la giurisdizione ad un giudice diverso" (si vedano a tal riguardo Corte Cost. sentt. n. 110 del 1970, n. 68 del 1971, n. 211 del 1972, n. 102 del 1977, n. 241 del 1984, n. 53 del 1985). Con il d.-l. n. 543/1996, conv. nella legge n. 639/1996, sono stati introdotti principi innovativi in materia di responsabilita' amministrativa ed e' stato chiarito piu' in particolare, che la Corte dei conti non puo' sindacare nel merito le scelte discrezionali dell'amministrazione. Cio' non significa peraltro che la stessa Corte non possa effettuare un sindacato sull'uso illegittimo della discrezionalita' al fine di stabilire la eventuale dannosita' di un comportamento, altrimenti le scelte derivanti da un uso del potere discrezionale contrario ai canoni della legittimita' diverrebbero esenti a causa della legge n. 639/1996 da responsabilita' (v. da ultimo Corte dei conti, sez. Regione Lazio n. 7/1998). In altri termini, se certamente il sindacato del giudice contabile incontra il limite del merito delle scelte degli agenti pubblici (v. Corte dei conti SS.RR. n. 683/A del 9 settembre 1990, SS.RR. n. 904/A del 30 settembre 1993, SS.RR. n. 30/A del 3 giugno 1996), le quali debbono essere apprezzate senza che il giudice si sostituisca agli amministratori, il sindacato medesimo deve invece ritenersi esteso ai limiti, per cosi' dire, esterni del potere discrezionale, investendo l'area della irrazionalita' e dello scostamento da ogni canone di corretta amministrazione, tanto da tradursi in arbitrio e, dunque, nell'area dell'illecito che, come tale, rientra pienamente nell'ambito tipico di cognizione del giudice contabile (v. Corte dei conti sez. Regione Campania, n. 71/1997, inoltre hanno fatto riferimento al concetto di "ragionevolezza gestoria" Corte dei conti sez.I n. 15/1994/A del 19 settembre 1994 e a quello di "giustificabilita' delle scelte" SS.RR. n. 522/A del 17 dicembre 1986, sez. Regione Sardegna, n. 158 del 26 febbraio 1987, SS.RR. n. 668/A del 28 maggio 1990). La ratio di tale estensione e' quella di evitare che si verifichino effetti dirompenti e lesivi dei principi di imparzialita' e di buon andamento dell'azione amministrativa, anche nei casi in cui l'agente sia legato all'aministrazione da un rapporto di servizio (v. Corte dei conti SS.RR., n. 62/A del 25 ottobre 1996). L'estensione della giurisdizione della Corte dei conti tuttavia, non puo' essere illimitata, in quanto risulta delimitata da altri valori protetti a livello costituzionale come si evince dall'affermazione della stessa Corte costituzionale secondo cui "l'espandersi della giurisdizione costituzionalmente attribuita alla Corte (...) deve considerarsi circoscritto laddove ricorra identita' oggettiva di materia e beninteso entro i limiti segnati da altre norme e principi costituzionali" (v. Corte cost. sent. n. 129 del 1981). In definitiva la estensione proposta. anche sulla base della nuova normativa, e' naturalmente circoscritta, poiche' limitazioni e deroghe possono essere desunte in via interpretativa da altre norme di rango costituzionale diverse dall'art. 103 Cost. Come i giudici di costituzionalita' hanno riconosciuto, l'analogia che puo' ravvisarsi tra le attribuzioni dei consigli regionali e quelle dei due rami del Parlamento non puo' condurre ad affermare che sussiste identita' tra le stesse, ne' tanto meno a negare che mentre alle prime e' riconosciuto un ambito di autonomia. le seconde sono esercitate a livello di sovranita'. Da questa sostanziale diversita' si e' inferito, in particolare, che deroghe alla giurisdizione erano ammissibili soltanto nei confronti di organi immediatamente partecipi del potere sovrano dello Stato, e percio' situati ai vertici dell'ordinamento, in posizione di assoluta indipendenza e di reciproca parita'. Ed in effetti il giudice delle leggi ha anche sostenuto che dovrebbe escludersi che le prerogative riservate agli organi supremi dello Stato si possano estendere agli organi assembleari e di governo delle Regioni (v. Corte cost. sentt. nn. 110/1970 e 129/1981). Questa affermazione generica di principio va in realta' interpretata, poiche', dall'analogia tra le funzioni esercitate dal Parlamento e quelle spettanti ai consigli regionali e' ben possibile ed anzi doveroso derivare un parallelismo tra le guarentigie assicurate ai membri del Parlamento ex art. 68 Cost, primo comma, e il regime di immunita' dei consiglieri regionali individuato dall'art. 122, quarto comma, della Costituzione. In particolare, l'esonero da responsabilita' dei componenti il consiglio regionale deve considerarsi funzionale alla tutela delle piu' elevate funzioni di rappresentanza politica, in quanto volto a "garantire da qualsiasi interferenza di altri poteri il libero processo di formazione della volonta' politica" (v. Corte costituzionale sent. n. 69/1985). L'immunita' prevista dall'art. l22, quarto comma, della Costituzione e' dunque da porsi in relazione alla particolare natura delle attribuzioni del consiglio regionale, che costituiscono esplicazione di autonomia costituzionalmente riconosciuta attraverso l'esercizio di funzioni in parte disciplinate dalla stessa Costituzione e in parte da altre fonti normative cui la prima rinvia (v. Corte Cost. sent. n. 81/1975). Tale indirizzo ha trovato ulteriore specificazione in decisioni in cui il giudice delle leggi ha affermato che i consiglieri regionali sono insindacabili. ai sensi dell'art. 122, quarto comma della Costituzione, non soltanto nell'esercizio di funzioni legislative, di indirizzo politico, di controllo, ma anche di quelle di autorganizzazione (v. sent. n. 70/1983). L'immunita' regionale non giunge a coprire le attivita' amministrative del consiglio regionale che siano espressione di poteri non normativi di organizzazione degli uffici e dei servizi interni, ma rinvenendo il proprio fondamento costituzionale nel carattere primario delle funzioni esercitate - recte le funzioni legislative e quelle ad esse connesse e strumentali (v. Corte Cost. sent. n. 209/1994) -, comporta che il potere inquirente del pubblico ministero, istituito presso la Corte dei conti, non puo' trasformarsi in un controllo generale e indeterminato sulle attivita' amministrative dei consigli regionali attraverso richieste generiche di acquisizione di atti e documenti (v. sent. n. 100/1995). Sotto questo profilo appare chiaro che l'estensione della giurisdizione della Corte dei conti ex art. 103 della Costituzione incontra il limite di altri valori costituzionali. Tale impostazione risulta, invero, confermata anche da una importante decisione nella quale la Corte costituzionale ha individuato non nella forma degli atti, bensi' nella fonte attributiva della competenza il criterio per determinare l'attivita' insindacabile dei consiglieri regionali (v. sent. n. 289 del 1997). In questa pronunzia la Corte ha sottolineato, inoltre, che l'immunita' dei consiglieri regionali non e' diretta ad assicurare loro una posizione di privilegio, ma trova giustificazione nell'esigenza "di preservare da interferenze e condizionamenti esterni le determinazioni inerenti alla sfera di autonomia" propria del consiglio. Anche in questo caso, e' evidente che i giudici di costituzionalita' hanno inteso ribadire che tale disposizione costituzionale va interpretata nel senso di ritenere coperte dalla garanzia dell'insindacabilita' tutte quelle attivita' previste a livello costituzionale o attribuite ai consiglieri regionali da leggi dello Stato. Nel caso di specie la fonte legislativa - in grado di assicurare a tutti i consiglieri regionali un trattamento eguale - veniva individuata nella legge n. 853 del 1973 che, posta a salvaguardia dell'autonomia contabile e funzionale dei consigli regionali delle regioni a statuto ordinario, prevede siano istituiti nel bilancio della regione appositi capitoli di spesa. Importante e' poi la precisazione inerente all'ambito di applicazione di tale immunita', contenuta nella decisione della Corte costituzionale n. 100 del 1986. ove si e' riconosciuto che la guarentigia di cui all'art. 122, quarto comma Cost., si estende anche alla sfera della responsabilita' patrimoniale dei consiglieri regionali, atteso che i poteri di cui dispone il consiglio regionale, in ordine alla propria organizzazione e alla posizione dei suoi componenti, derivano in via diretta ed immediata dalle norme costituzionali che delineano l'ente regione. Va rilevato che il complesso di principi che la Corte costituzionale ha enucleato a partire dalla citata decisione n. 81/1975 ha trovato piena conferma nei suoi piu' recenti indirizzi. Non solo: con la sentenza n. 392/1999 la Corte costituzionale ha escluso che la Corte dei conti possa spingersi a sindacare attivita' relative all'amministrazione e gestione dei fondi di bilancio intestati alla Presidenza del Consiglio, sia se previsti per soddisfare le esigenze funzionali del consiglio regionale in relazione non soltanto alle funzioni legislative, regolamentari, di indirizzo politico e di autorganizzazione. sia se previsti per le funzioni di amministrazione attiva quando siano assegnate all'organo in via diretta e immediata dalle leggi dello Stato. Secondo tale recentissimo orientamento alla magistratura contabile non e' dato di ingerirsi nell'autorganizzazione del consiglio regionale, in quanto tale organo gode in base alla legge n. 853/1973 di autonomia contabile e funzionale. Sotto altro profilo va osservato che la garanzia dell'irresponsabilita' attribuita, dall'art. 122, quarto comma, ai consiglieri regionali delle regioni a statuto ordinario, non puo' certo essere superiore a quella prevista, ai sensi dell'art. 28 dello statuto speciale, per i membri del consiglio regionale del Trentino-Alto Adige. E' necessario procedere ad adattare al caso di specie tutti i criteri enucleati dalla giurisprudenza costituzionale, al fine di definire i limiti dell'insindacabilita' dell'attivita' dei consiglieri regionali. Non puo' infatti dubitarsi che, anche per le regioni a statuto speciale, sia essenzialmente la fonte attributiva della competenza ad individuare le coordinate di riferimento per determinare l'ambito di estensione dell'immunita' per i voti dati e le opinioni espresse dai consiglieri regionali. Com'e' noto le assemblee regionali sono organi politico-amministrativi cui va riconosciuta una posizione di indipendenza connaturata alle loro attribuzioni, che appare incompatibile con il riscontro cui sono sottoposti in generale gli addetti alla pubblica amministrazione, E' nel contesto dell'autonomia politica che va inserita l'autonomia contabile dei nsigli regionali la quale consente loro di autoamministrarsi e di svincolarsi da interventi e interferenze esterni, ivi compresi quelli di altri organi della regione. L'art. 83 dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige stabilisce che la regione abbia un proprio bilancio e un proprio esercizio finanziario annuale. Ai sensi dell'art. 16 del d.lgs. n. 268/1992 alla Regione Trentino-Alto Adige e' stata attribuita anche autonomia normativa in materia contabile, nel senso che ad essa spetta disciplinare con norme di rango primario l'ordinamento della propria contabilita' nell'ambito puo' dirsi della piu' generale competenza relativa all'ordinamento degli uffici che, ai sensi dell'art. 4, n. 1 dello statuto riservata esclusivamente alla regione. Occorre poi sottolineare che, ai sensi dell'art. 31, comma 1 dello statuto, le norme che disciplinano l'attivita' del consiglio sono stabilite da un regolamento interno approvato a maggioranza assoluta. Tale regolamento a ben vedere presenta un carattere del tutto peculiare rispetto ai regolamenti della giunta e alle leggi regionali, in quanto costituisce l'unica fonte cui e' rimessa la disciplina concreta delle funzioni attribuite al consiglio regionale dallo statuto, rappresentandone lo strumento primario di svolgimento. Tale carattere ne consente, invero, l'assimilazione ai regolamenti parlamentari, fonti cui l'art. 64 della Costituzione riserva la disciplina dell'organizzazione delle Camere al fine di garantirne l'autonomia politico costituzionale. Significativa in questo contesto appare la previsione dell'approvazione a maggioranza assoluta rispettivamente del regolamento interno del consiglio della Regione Trentino-Alto Adige e del regolamento di ciascuna Camera. Si tratta evidentemente di un quorum che, inserito a livello di fonti costituzionali - e precisamente all'art. 31, comma 1 dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige e all'art. 64, primo comma della Costituzione - e' stato posto a garanzia del fatto che l'organizzazione interna rispettivamente del consiglio regionale e delle Camere non possa essere attuata o modificata a maggioranza semplice, al fine di garantirne sia la stabilita', sia la tutela delle minoranze. Ai sensi dell'art. 2 del regolamento interno del consiglio regionale spetta al Presidente del Consiglio regionale l'amministrazione e la gestione dei fondi messi a disposizione del consiglio. Il bilancio e la contabilita' del consiglio regionale, i cui tratti fondamentali sono individuati da una disciplina regolamentare riservata allo stesso, rappresentano i mezzi e gli strumenti giuridici indispensabili perche' il consiglio regionale possa effettivamente esercitare in piena autonomia e senza indebite interferenze di altri organi statali o regionali le proprie funzioni legislative (v. art. 26 Statuto), di nomina e revoca della giunta regionale (v. art. 36) di approvazione del bilancio (v. art. 84 Statuto), ecc. Questo spiega inoltre perche' ai sensi dell'art. 5 del regolamento interno del consiglio regionale spetta all'ufficio di presidenza approvare il progetto di bilancio, le eventuali variazioni ed il conto consuntivo del consiglio stesso. Risulta dunque di tutta evidenza che la riconosciuta autonoma contabile, cui risulta correlata la non sottoponibilita' della relativa gestione contabile alla giurisdizione della Corte dei conti, e' funzionale all'esercizio delle funzioni assegnate al consiglio regionale, tra cui in primis quelle legislative. Occorre pertanto riconoscere che gli atti di gestione dei fondi messi a disposizione per soddisfare le esigenze funzionali del consiglio regionale appartengono alla categoria delle attivita' che possono considerarsi coperte dall'immunita' per le opinioni espresse e i voti dati dai consiglieri regionali ex art. 28 dello statuto speciale, in quanto sono da porsi in relazione all'esigenza di tutelare le piu' elevate funzioni di rappresentanza politica e valgono a preservare da interferenze e condizionamenti esterni le determinazioni che rientrano nella sfera di autonomia del consiglio regionale. In definitiva, e' proprio la natura giuridica del giudizio di conto che rileva. Esso ha ad oggetto essenzialmente la gestione, comprensiva di tutti quegli atti che, per il loro rilievo normativo, amministrativo e gestionale, si connotano come atti d'indirizzo, di programmazione, di impegno politico-amministrativo-finanziario. ed e' rivolto a verificare il positivo perseguimento degli obiettivi posti dalle norme all'agire amministrativo, l'efficacia dell'azione amministrativa, l'economicita' dei risultati conseguiti nel rapporto costi-ricavi-benefici, la stessa efficienza delle strutture e delle procedure dell'amministrazione. La sua estrinseca natura induce a ritenerla non riferibile all'attivita' di gestione dei fondi assegnati al consiglio regionale per le esigenze funzionali ed alla luce della garanzia dell'autonomia costituzionale delle proprie attribuzioni. I motivi per cui il controllo di legittimita' sugli atti, nonche' il controllo sulla gestione del bilancio e del patrimonio della Regione Trentino-Alto Adice e della Provincia autonoma di Trento, esercitati dalla sezione di controllo della Corte dei conti avente sede in Trento - ai sensi dell'art. 2 del decreto legislativo 14 giugno 1999, n. 212, contenente le "norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige recanti integrazioni e modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1998, n. 305, in materia di controllo e di sezioni giurisdizionali della Corte dei conti", che sostituisce l'art. 2 del d.P.R. n. 305 del 1988 - non possono ritenersi estesi alla gestione del bilancio del consiglio regionale possono essere ulteriormente arricchiti e sviluppati. Va, infatti, rilevato in primo luogo che, ai sensi dell'art. 1 del decreto legislativo 2 ottobre 1997, n. 385, che sostituisce l'art. 7 del d.P.R. n. 305/1988. il controllo di legittimita' sugli atti della regione si esercita esclusivamente sui regolamenti di cui agli artt. 44, punto 1) - che sono quelli per la esecuzione delle leggi approvate dal Consiglio regionale - e 54, punti 1) e 2) - ovvero i regolamenti per la esecuzione delle leggi approvate dal consiglio provinciale nonche' quelli inerenti alle materie che sono devolute alla potesta' regolamentare delle Province - dello statuto regionale. Ne consegue pertanto che tra essi non puo' ricomprendersi il regolamento interno del consiglio regionale che, a ben vedere, costituisce la fonte di carattere primario di disciplina del bilancio e del conto consuntivo del consiglio stesso. In secondo luogo, puo' rilevarsi che il controllo sulla gestione esercitato dalle sezioni di controllo della Corte dei conti di Trento, ai sensi dell'art. 4 del sopra citato decreto legislativo 14 giugno 1999, n. 212, concerne solamente il perseguimento degli obiettivi stabiliti dalle leggi di principio e di programma regionali, provinciali ovvero statali. in quanto applicabili, ed e' dunque riferibile soltanto alla gestione del bilancio e del patrimonio della Regione Trentino-Alto Adige. Il controllo della Corte dei conti sugli atti amministrativi, sulla gestione del bilancio e del patrimonio della regione va quindi riferito solamente agli atti della giunta regionale, allo scopo di verificare la loro conformita' alle disposizioni legislative vigenti. Il progetto di bilancio, le eventuali variazioni e il conto consuntivo del consiglio regionale sono, invece, approvati dall'ufficio di presidenza con una deliberazione che appare esplicazione di un potere di autorganizzazione. Tale assunto si desume in particolare dall'enunciato normativo di cui all'art. 84 dello statuto regionale. ai sensi del quale "i bilanci predisposti dalla giunta regionale o da quella provinciale e i rendiconti finanziari accompagnati dalla relazione della giunta stessa sono approvati rispettivamente con legge regionale o provinciale". Tale previsione normativa rende, infatti, evidente che l'approvazione dei bilanci e dei rendiconti, nel cui ambito vanno inseriti anche i fondi messi a disposizione del consiglio regionale, avviene con atto legislativo del consiglio stesso, che costituisce l'unica forma di controllo sulla gestione contabile consiliare e ha essenzialmente natura politica. Cio' spiega peraltro la sottrazione dei documenti contabili del consiglio al controllo di legittimita' e di gestione della Corte dei conti, previsto dal d.P.R. n. 305/1988 e succ. modif e integr. in quanto strumento volto a garantire l'autonomia costituzionale del consiglio regionale, che risulterebbe lesa ove fosse ammesso un controllo successivo sulla gestione del bilancio consiliare, mediante il riscontro del conto dell'agente contabile del consiglio stesso. Ne deriva, di conseguenza, che il procuratore presso la Corte dei conti con il decreto n. 0127/2000, richiedendo all'agente contabile del consiglio regionale - la Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto - il conto della gestione dei fondi del consiglio regionale, ha violato l'autonomia costituzionalmente riconosciuta al consiglio medesimo in quanto ha inteso sottoporre a controllo giurisdizionale atti, rispetto ai quali e' configurabile una mera responsabilita' politica e la cui fonte di disciplina appare sindacabile soltanto dal giudice delle leggi sotto il profilo della costituzionalita'.